Con il mese di Ottobre siamo entrati nell’ultimo trimestre di quello che, ad oggi, è il miglior anno per le materie prime negli ultimi dieci. In questo senso, il movimento nel comparto è stato generalizzato ed ha investito non soltanto le fonti energetiche e i materiali di base ma anche il comparto agricolo, reduce da anni di persistente debolezza. Un rialzo così rapido e significativo dei prezzi ci spinge naturalmente, come investitori, ad interrogarci circa l’inflazione che ne deriverà, se permanente o transitoria, e in misura particolare che tipo di influenza possa andare a produrre sulle future scelte di asset allocation .
Il rialzo dei prezzi alla produzione è ben riassunto dal dato americano (Producer Price Index), che è andato a formare un nuovo massimo dal 2008.
US Producer Price Index (1972 – 2021)
Una contestualizzazione storicamente più significativa del fenomeno è possibile mediante l’analisi intermarket, in particolare con l’osservazione della forza relativa tra asset class. Nello specifico, nel grafico sottostante mettiamo in relazione la dinamica dell’indice Reuters CRB, il principale indice globale sulle commodities, con quella dell’S&P500, a partire dal 1973.
Reuters CRB Index / S&P500 Large Cap Index (1973 – 2021)
L’evoluzione degli ultimi dodici mesi evidenzia una ripresa di forza relativa delle commodities rispetto all’S&P500, ma che tuttavia resta ancora contenuta e al di sotto di livelli particolarmente significativi a rialzo, quali ad esempio la media mobile a 50 settimane dell’indice stesso. Se tuttavia estendiamo lo sguardo all’intero grafico, possiamo identificare due periodi storici in cui le materie prime hanno prodotto una significativa sovraperformance rispetto all’S&P500: gli anni dal 1973 al 1981 e quelli dal 1999 al 2011. Alla luce di ciò, ha quindi senso domandarsi quale dinamica abbiano espresso gli indici azionari in questi due orizzonti di tempo: come sempre, prendiamo l’S&P500 come benchmark di riferimento.
S&P500 (1973 – 1981)S&P500 (1999 – 2011)
Come osserviamo, il rialzo dei prezzi delle materie prime ha coinciso con tre recessioni (1973, 2001 e 2008) ed in generale con una maggiore fragilità dell’indice azionario americano.
Appurato quindi che storicamente un mercato forte delle materie prime rischia di avere implicazioni rilevanti sul quadro generale dei mercati azionari, il passo logico successivo è domandarci se un cambio di esposizione azionaria, in particolar modo un aumento dell’esposizione verso i settori azionari c.d. “inflation sensitive”, avrebbe potuto produrre un significativo contenimento della volatilità e performance di portafoglio più stabili.
In funzione di ciò, osserviamo ora dinamica di forza relativa tra l’indice Dow Jones Industrial Average e il Nasdaq 100. La serie storica del Nasdaq100 inizia nel 1985, ragion per cui tale confronto è possibile solo con riferimento al periodo 1999 – 2011.
Dow Jones Industrial Average / Nasdaq 100 (1991 – 2021)
Nel complesso rileviamo come in quegli anni la sottoperformance del Dow rispetto al Nasdaq 100 abbia vissuto un interruzione solo dal 2000 al 2003 e successivamente sia proseguita in maniera persistente fino ad oggi.
Infine, volendo restringere il nostro sguardo agli ultimi mesi, osserviamo la dinamica del Vanguard Value ETF con l’IShares US Technology ETF. La sottoperformance del comparto value negli ultimi tre anni è evidente e, come osserviamo, si è arrestata solo parzialmente negli ultimi dodici mesi. Non solo: da Maggio a Settembre tale dinamica è ripresa e, di fatto, non si osserva alcun segnale di inversione sul piano delle preferenze degli investitori tra il comparto Value e quello Growth.
Vanguard Value ETF / Ishares US Technology ETF
In conclusione, il perdurare del trend rialzista sulle commodities potrebbe non essere senza conseguenze sui mercati azionari e l’evidenza storica ci suggerisce due considerazioni: in primo luogo che la rotazione dell’esposizione azionaria verso il comparto value o quello growth non sembra restituire sovraperformance di alcun tipo. Secondariamente, la volatilità sul mercato azionario potrebbe presto risalire, obbligando gli investitori a rivedere le proprie scelte non solo con riferimento all’esposizione azionaria, ma sulle scelte complessive di asset allocation.
Ad oggi il quadro generale non appare mutato rispetto alle settimane passate ed anche l’analisi storica ci ricorda come l’aumento dei prezzi delle materie prime abbia coinciso con un’aumento della volatilità e della direzionalità dei mercati azionari nel loro complesso, indipendentemente dai settori presi in considerazione.
I mercati azionari hanno appena aggiornato i nuovi massimi storici e non esiste segnale di fiducia più significativo nel quadro di un uptrend come quello che osserviamo. Tuttavia, sul piano delle scelte attive di gestione, essere preparati a potenziali cambi di scenario resta sempre l’opzione più lungimirante e, nei fatti, l’unica concretamente a disposizione di ogni investitore.
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Inflazione ed asset allocation: dove siamo oggi
Con il mese di Ottobre siamo entrati nell’ultimo trimestre di quello che, ad oggi, è il miglior anno per le materie prime negli ultimi dieci. In questo senso, il movimento nel comparto è stato generalizzato ed ha investito non soltanto le fonti energetiche e i materiali di base ma anche il comparto agricolo, reduce da anni di persistente debolezza. Un rialzo così rapido e significativo dei prezzi ci spinge naturalmente, come investitori, ad interrogarci circa l’inflazione che ne deriverà, se permanente o transitoria, e in misura particolare che tipo di influenza possa andare a produrre sulle future scelte di asset allocation .
Il rialzo dei prezzi alla produzione è ben riassunto dal dato americano (Producer Price Index), che è andato a formare un nuovo massimo dal 2008.
Una contestualizzazione storicamente più significativa del fenomeno è possibile mediante l’analisi intermarket, in particolare con l’osservazione della forza relativa tra asset class. Nello specifico, nel grafico sottostante mettiamo in relazione la dinamica dell’indice Reuters CRB, il principale indice globale sulle commodities, con quella dell’S&P500, a partire dal 1973.
L’evoluzione degli ultimi dodici mesi evidenzia una ripresa di forza relativa delle commodities rispetto all’S&P500, ma che tuttavia resta ancora contenuta e al di sotto di livelli particolarmente significativi a rialzo, quali ad esempio la media mobile a 50 settimane dell’indice stesso. Se tuttavia estendiamo lo sguardo all’intero grafico, possiamo identificare due periodi storici in cui le materie prime hanno prodotto una significativa sovraperformance rispetto all’S&P500: gli anni dal 1973 al 1981 e quelli dal 1999 al 2011. Alla luce di ciò, ha quindi senso domandarsi quale dinamica abbiano espresso gli indici azionari in questi due orizzonti di tempo: come sempre, prendiamo l’S&P500 come benchmark di riferimento.
Come osserviamo, il rialzo dei prezzi delle materie prime ha coinciso con tre recessioni (1973, 2001 e 2008) ed in generale con una maggiore fragilità dell’indice azionario americano.
Appurato quindi che storicamente un mercato forte delle materie prime rischia di avere implicazioni rilevanti sul quadro generale dei mercati azionari, il passo logico successivo è domandarci se un cambio di esposizione azionaria, in particolar modo un aumento dell’esposizione verso i settori azionari c.d. “inflation sensitive”, avrebbe potuto produrre un significativo contenimento della volatilità e performance di portafoglio più stabili.
In funzione di ciò, osserviamo ora dinamica di forza relativa tra l’indice Dow Jones Industrial Average e il Nasdaq 100. La serie storica del Nasdaq100 inizia nel 1985, ragion per cui tale confronto è possibile solo con riferimento al periodo 1999 – 2011.
Nel complesso rileviamo come in quegli anni la sottoperformance del Dow rispetto al Nasdaq 100 abbia vissuto un interruzione solo dal 2000 al 2003 e successivamente sia proseguita in maniera persistente fino ad oggi.
Infine, volendo restringere il nostro sguardo agli ultimi mesi, osserviamo la dinamica del Vanguard Value ETF con l’IShares US Technology ETF. La sottoperformance del comparto value negli ultimi tre anni è evidente e, come osserviamo, si è arrestata solo parzialmente negli ultimi dodici mesi. Non solo: da Maggio a Settembre tale dinamica è ripresa e, di fatto, non si osserva alcun segnale di inversione sul piano delle preferenze degli investitori tra il comparto Value e quello Growth.
In conclusione, il perdurare del trend rialzista sulle commodities potrebbe non essere senza conseguenze sui mercati azionari e l’evidenza storica ci suggerisce due considerazioni: in primo luogo che la rotazione dell’esposizione azionaria verso il comparto value o quello growth non sembra restituire sovraperformance di alcun tipo. Secondariamente, la volatilità sul mercato azionario potrebbe presto risalire, obbligando gli investitori a rivedere le proprie scelte non solo con riferimento all’esposizione azionaria, ma sulle scelte complessive di asset allocation.
Ad oggi il quadro generale non appare mutato rispetto alle settimane passate ed anche l’analisi storica ci ricorda come l’aumento dei prezzi delle materie prime abbia coinciso con un’aumento della volatilità e della direzionalità dei mercati azionari nel loro complesso, indipendentemente dai settori presi in considerazione.
I mercati azionari hanno appena aggiornato i nuovi massimi storici e non esiste segnale di fiducia più significativo nel quadro di un uptrend come quello che osserviamo. Tuttavia, sul piano delle scelte attive di gestione, essere preparati a potenziali cambi di scenario resta sempre l’opzione più lungimirante e, nei fatti, l’unica concretamente a disposizione di ogni investitore.
Disclaimer:
Questo documento ha natura informativa e non può essere considerato come attività di consulenza finanziaria indipendente. L’autore o DLD Capital SCF S.r.l. non possono essere considerate responsabili di decisioni personali successive alla lettura di questo testo. Prima di assumere scelte d’investimento, suggeriamo di rivolgersi ad un consulente finanziario iscritto all’Organismo di vigilanza e tenuta dell’albo unico dei consulenti finanziari (www.organismocf.it).