Il vantaggio di una logica quantitativa all’investing risiede nel ricorso ad un approccio statisticamente validabile rispetto alle scelte d’investimento. In linea di principio non esiste quindi una reale necessità di analizzare i fenomeni economici, rischiando di commettere l’errore di avere un approccio predittivo ai mercati finanziari. Piuttosto, è fondamentale conoscere a fondo il passato e, sulla base di questo, implementare logiche d’investimento statisticamente robuste e che considerino la gestione attiva di manifestazioni di fragilità sui mercati finanziari.
Ciò premesso, la corretta interpretazione del quadro economico attuale ci può essere d’aiuto nel comprendere il perché di alcuni movimenti dei prezzi, che restano in ogni caso il dato principale sul quale devono essere condotte le nostre analisi. In questo senso, negli ultimi due anni abbiamo assistito a cambiamenti significativi nella società e solo alcuni di questi sono da ascrivere all’avvento del Covid nelle nostre vite.
In piena crisi pandemica, ad Aprile 2020, il think tank The Pew Research Center ha pubblicato uno studio in cui registrava come i Millenials, ossia i soggetti nati tra il 1981 ed il 1996, fossero diventati per la prima volta la generazione più numerosa negli Stati Uniti, superando i Baby Boomers, ossia i nati tra il 1946 ed il 1964. Nel 2028 si attende che anche la Generazione X, ossia quella dei nati tra il 1965 ed il 1980, superi per numerosità i Baby Boomers.
Un cambiamento demografico incide notevolmente sul quadro dei consumi e di conseguenza sulla traiettoria della crescita economica. In questo senso, è risaputo che la maggior capacità di spesa di un individuo si concentra negli anni tra i 35 e i 55, ossia quando si raggiunge il picco della capacità lavorativa. Diversamente, gli anni che si trovano agli estremi, nel range 0-25 e 55-80, sono tipicamente anni caratterizzati una ricchezza economica in progressiva riduzione, e quindi da una più bassa attesa di generazione di consumi ed investimenti.
Il secondo cambiamento fondamentale a cui abbiamo assistito è quello della politica monetaria delle banche centrali, guidate dalla Fed, che sono passate dal programmare un livello di inflazione target intorno al 2% ad una esplicita accettazione di tassi d’inflazione più alti, pur di scongiurare il rischio di una depressione economica (“rates will remain lower for longer”). Il terzo cambiamento di questa fase economica è la deroga, per il momento solo parziale, a criteri di disciplina fiscale da parte degli stati, che hanno accettato di indebitarsi considerevolmente al solo fine di sostenere la ripresa del ciclo economico.
L’effetto combinato di questi tre fattori non potrà non incidere significativamente sulla traiettoria della crescita economica, in un quadro in cui una parte importante della popolazione, negli Stati Uniti come nel resto del mondo, sta entrando nella fase della sua vita caratterizzata dalla maggior propensione ai consumi.
Non soprende quindi come siano i dati sulla domanda, molto più che quelli sull’offerta, a sorprendere, costringendoci a familiarizzare con l’idea che siamo di fronte ad uno shock positivo sul lato della domanda piuttosto che ad uno negativo sul lato dell’offerta.
Alla luce di ciò, ha quindi senso domandarsi che tipo di effetti questo mutato quadro macroeconomico e sociale potrà avere sulle nostre scelte d’investimento. L’inflazione resta un tema centrale ma è verosimilmente destinata a restare, anche alla luce del fatto che la crescita dei posti di lavoro a livello globale conferma che ci troviamo in un fase di crescita economica accompagnata da crescita dell’occupazione, piuttosto che in un periodo di inflazione associata a crescenti disoccupazione, come accadde negli anni 70.
Tasso di disoccupazione USA (1969 – 1975)Tasso di disoccupazione USA (2020 – 2021)
Sul piano di quanto osserviamo sui mercati, nei mesi precedenti ci siamo già soffermati sull’incidenza negativa che un protratto aumento dei prezzi delle materie prime potrebbe avere sui mercati azionari, in linea con quanto osservato negli anni 70 e nella prima decade degli anni 2000. I nuovi massimi dei mercati azionari sono un segnale molto chiaro: ancor più lo è la debolezza del mercato obbligazionario. Sotto questo profilo la sovraperformance dell’azionario USA rispetto ai titoli di stato ha appena messo a segno un nuovo massimo storico dagli anni 2000.
Vanguard Index Trust 500 Fund / Vanguard Long Term Treasury Fund (1992 – 2021)
Nel periodo 2000 – 2009 i mercati obbligazionari hanno decisamente sovraperformato quelli azionari, complici anche due recessioni molto significative, all’inizio del millennio e nel 2008. Dal Marzo 2009 è poi iniziato uno dei più lunghi cicli rialzisti della storia dei mercati azionari e la sovraperformance dell’azionario rispetto all’obbligazionario ha recuperato quanto perso nei primi otto anni del millennio.
In un quadro simile, diverse sono le voci istituzionali, come quella di Bridgewater Associates, la società di Ray Dalio, che si sono espressi chiaramente sul futuro dei rendimenti sui mercati finanziari: “i detentori di liquidità hanno perso potere d’acquisto, hanno visto una riduzione nel valore del loro denaro e lo stesso processo sta avvenendo nel settore obbligazionario. La liquidità e le obbligazioni non sono più strumenti validi di conservazione del valore”.
Come tutti quelli che non leggono nel futuro, personalmente non amo le posizioni assolutistiche: il mercato obbligazionario vive un mercato rialzista dalla metà degli anni 70 e tutte le fasi di rialzo dei tassi si sono successivamente rilevate delle opportunità di acquisto. Dichiararlo morto è prematuro. Certamente, in una fase di crescita economica caratterizzata da inflazione impone scelte di portafoglio orientate alla crescita. In questo senso, i segnali di forza del mercato azionario sono molto forti e segnalano tutto tranne che una prossima correzione. Certamente, il quadro demografico da molti anni favorisce l’idea che potremmo trovarci ad una nuova fase di rialzo generazionale per l’azionario ma, ciò premesso, tutti i trend sui mercati vivono delle fasi di controtrend. Alla luce di ciò, è fondamentale mantenere la massima flessibilità operativa, e quindi considerare nella propria operatività operazioni di ribilanciamento difensivo al verificarsi di precise condizioni di stress sulle asset class tipicamente più rischiose.
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Questo documento assume natura educativa e non può essere considerato attività di consulenza finanziaria indipendente. L’autore o DLD Capital SCF S.r.l. non sono responsabili delle decisioni che potrebbero essere assunte dalla lettura di questo testo. Prima di assumere scelte d’investimento, suggeriamo di rivolgersi ad un consulente finanziario iscritto all’Organismo di vigilanza e tenuta dell’albo unico dei consulenti finanziari (www.organismocf.it).
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Il vantaggio di una logica quantitativa all’investing risiede nel ricorso ad un approccio statisticamente validabile rispetto alle scelte d’investimento. In linea di principio non esiste quindi una reale necessità di analizzare i fenomeni economici, rischiando di commettere l’errore di avere un approccio predittivo ai mercati finanziari. Piuttosto, è fondamentale conoscere a fondo il passato e, sulla base di questo, implementare logiche d’investimento statisticamente robuste e che considerino la gestione attiva di manifestazioni di fragilità sui mercati finanziari.
Ciò premesso, la corretta interpretazione del quadro economico attuale ci può essere d’aiuto nel comprendere il perché di alcuni movimenti dei prezzi, che restano in ogni caso il dato principale sul quale devono essere condotte le nostre analisi. In questo senso, negli ultimi due anni abbiamo assistito a cambiamenti significativi nella società e solo alcuni di questi sono da ascrivere all’avvento del Covid nelle nostre vite.
In piena crisi pandemica, ad Aprile 2020, il think tank The Pew Research Center ha pubblicato uno studio in cui registrava come i Millenials, ossia i soggetti nati tra il 1981 ed il 1996, fossero diventati per la prima volta la generazione più numerosa negli Stati Uniti, superando i Baby Boomers, ossia i nati tra il 1946 ed il 1964. Nel 2028 si attende che anche la Generazione X, ossia quella dei nati tra il 1965 ed il 1980, superi per numerosità i Baby Boomers.
Un cambiamento demografico incide notevolmente sul quadro dei consumi e di conseguenza sulla traiettoria della crescita economica. In questo senso, è risaputo che la maggior capacità di spesa di un individuo si concentra negli anni tra i 35 e i 55, ossia quando si raggiunge il picco della capacità lavorativa. Diversamente, gli anni che si trovano agli estremi, nel range 0-25 e 55-80, sono tipicamente anni caratterizzati una ricchezza economica in progressiva riduzione, e quindi da una più bassa attesa di generazione di consumi ed investimenti.
Il secondo cambiamento fondamentale a cui abbiamo assistito è quello della politica monetaria delle banche centrali, guidate dalla Fed, che sono passate dal programmare un livello di inflazione target intorno al 2% ad una esplicita accettazione di tassi d’inflazione più alti, pur di scongiurare il rischio di una depressione economica (“rates will remain lower for longer”). Il terzo cambiamento di questa fase economica è la deroga, per il momento solo parziale, a criteri di disciplina fiscale da parte degli stati, che hanno accettato di indebitarsi considerevolmente al solo fine di sostenere la ripresa del ciclo economico.
L’effetto combinato di questi tre fattori non potrà non incidere significativamente sulla traiettoria della crescita economica, in un quadro in cui una parte importante della popolazione, negli Stati Uniti come nel resto del mondo, sta entrando nella fase della sua vita caratterizzata dalla maggior propensione ai consumi.
Non soprende quindi come siano i dati sulla domanda, molto più che quelli sull’offerta, a sorprendere, costringendoci a familiarizzare con l’idea che siamo di fronte ad uno shock positivo sul lato della domanda piuttosto che ad uno negativo sul lato dell’offerta.
Alla luce di ciò, ha quindi senso domandarsi che tipo di effetti questo mutato quadro macroeconomico e sociale potrà avere sulle nostre scelte d’investimento. L’inflazione resta un tema centrale ma è verosimilmente destinata a restare, anche alla luce del fatto che la crescita dei posti di lavoro a livello globale conferma che ci troviamo in un fase di crescita economica accompagnata da crescita dell’occupazione, piuttosto che in un periodo di inflazione associata a crescenti disoccupazione, come accadde negli anni 70.
Sul piano di quanto osserviamo sui mercati, nei mesi precedenti ci siamo già soffermati sull’incidenza negativa che un protratto aumento dei prezzi delle materie prime potrebbe avere sui mercati azionari, in linea con quanto osservato negli anni 70 e nella prima decade degli anni 2000. I nuovi massimi dei mercati azionari sono un segnale molto chiaro: ancor più lo è la debolezza del mercato obbligazionario. Sotto questo profilo la sovraperformance dell’azionario USA rispetto ai titoli di stato ha appena messo a segno un nuovo massimo storico dagli anni 2000.
Nel periodo 2000 – 2009 i mercati obbligazionari hanno decisamente sovraperformato quelli azionari, complici anche due recessioni molto significative, all’inizio del millennio e nel 2008. Dal Marzo 2009 è poi iniziato uno dei più lunghi cicli rialzisti della storia dei mercati azionari e la sovraperformance dell’azionario rispetto all’obbligazionario ha recuperato quanto perso nei primi otto anni del millennio.
In un quadro simile, diverse sono le voci istituzionali, come quella di Bridgewater Associates, la società di Ray Dalio, che si sono espressi chiaramente sul futuro dei rendimenti sui mercati finanziari: “i detentori di liquidità hanno perso potere d’acquisto, hanno visto una riduzione nel valore del loro denaro e lo stesso processo sta avvenendo nel settore obbligazionario. La liquidità e le obbligazioni non sono più strumenti validi di conservazione del valore”.
Come tutti quelli che non leggono nel futuro, personalmente non amo le posizioni assolutistiche: il mercato obbligazionario vive un mercato rialzista dalla metà degli anni 70 e tutte le fasi di rialzo dei tassi si sono successivamente rilevate delle opportunità di acquisto. Dichiararlo morto è prematuro. Certamente, in una fase di crescita economica caratterizzata da inflazione impone scelte di portafoglio orientate alla crescita. In questo senso, i segnali di forza del mercato azionario sono molto forti e segnalano tutto tranne che una prossima correzione. Certamente, il quadro demografico da molti anni favorisce l’idea che potremmo trovarci ad una nuova fase di rialzo generazionale per l’azionario ma, ciò premesso, tutti i trend sui mercati vivono delle fasi di controtrend. Alla luce di ciò, è fondamentale mantenere la massima flessibilità operativa, e quindi considerare nella propria operatività operazioni di ribilanciamento difensivo al verificarsi di precise condizioni di stress sulle asset class tipicamente più rischiose.
Disclaimer:
Questo documento assume natura educativa e non può essere considerato attività di consulenza finanziaria indipendente. L’autore o DLD Capital SCF S.r.l. non sono responsabili delle decisioni che potrebbero essere assunte dalla lettura di questo testo. Prima di assumere scelte d’investimento, suggeriamo di rivolgersi ad un consulente finanziario iscritto all’Organismo di vigilanza e tenuta dell’albo unico dei consulenti finanziari (www.organismocf.it).