Nel quadro del report pubblicato la settimana scorsa avevamo indicato un’ipotesi di drawdown medio per l’S&P500 nell’intorno ad un 10%-12%. Dopo una settimana particolarmente negativa sui mercati azionari, possiamo osservare sui principali indici azionari globali la rottura al ribasso della media mobile a 200 giorni, un riferimento ancora oggi comunemente utilizzato da analisti e trader come linea di demarcazione tra un mercato rialzista ed un ribassista. Tale flessione si è osservata anche sul principale indici americano, con la proiezione del prossimo supporto, in linea con il drawdown ipotizzato, nel range compreso tra i 4.250 e i 4.200 punti: un livello sul quale tanti, se non tutti, si attendono una tenuta dei prezzi.
Al di là delle previsioni, che valgono quello che valgono, l’indebolimento dei fondamentali del mercato è molto evidente. Nel grafico sottostante osserviamo la differenza tra i titoli quotati all’NYSE che hanno registrato nuovi massimi e quelli che hanno registrato nuovi minimi (New Highs – New Lows): si tratta di un c.d. breadth indicator, ossia una delle diverse misure possibili per misurare la forza del mercato nei suoi componenti. Il minimo recente evidenzia estrema debolezza, con la seria possibilità che il quadro possa deteriorarsi ulteriormente.
Se esiste un nome alla flessione di questa settimana si chiama Nasdaq, con il settore tecnologico che di gran lunga sta pesando sulla dinamica degli indici azionari. Come osserviamo nel grafico sottostante, la percentuale di titoli dell’indice tecnologico americano che scambiano sopra la media mobile a 200 giorni è pari al 40%: il livello minimo registrato dai tempi della flessione di Marzo 2020.
Ad essere colpite, in misura particolare sono alcune small cap del mondo tecnologico, come testimoniato anche dalla performance dell’ETF ARKK Innovation, che ha perso oltre il 50% dai massimi del Gennaio 2021.
In questo contesto, media ed osservatori continuano ad osservare come i titoli value abbiano da alcune settimane iniziato a sovraperformare i titoli growth. Tale osservazione raramente viene accompagnata dalla semplice constatazione che sovraperformance è certamente reale, ma tuttavia si sta verificando nel quadro di un mercato azionario in flessione.
Se infatti osserviamo il grafico sottostante, si nota come il nuovo minimo di forza relativa tra Value e Growth si è verificato in data 14 Novembre scorso. Da quella seduta in poi l’S&P500 ed il Dow Jones hanno registrato di fatto la medesima flessione, intorno al 6,3%. In parole povere: gli operatori stanno semplicemente riequilibrando la loro esposizione, ma nel quadro di un mercato in correzione. Aumentare la diversificazione è una delle poche scelte logiche e consentite ai gestori di fondi comuni in questa fase e, logicamente, è giusto farlo. Ciò tuttavia non significa, al pari di quanto già osservato nel 2021, che il “long” sul comparto Value sia il tema del 2022.
Alla luce di queste evidenze non possiamo ignorare che il quadro attuale sia di piena correzione e, di conseguenza, preoccupante. Logico quindi domandarsi cosa accadrà e quanto sia destinato a durare questo stato di cose. Sulla seconda domanda non esiste una risposta: i trend, tanto di costruzione quanto di correzione, non possono essere determinati o anche solo stimati nella loro durata. Diversamente, sulla prima domanda, per rispondere dobbiamo tener conto di due ulteriori variabili fondamentali ancor non considerate: la dinamica della volatilità e l’andamento dei credit spread.
Sul primo fronte, come osserviamo dal grafico sottostante, stiamo assistendo ad una rapida espansione della stessa, misurata attraverso l’indice VIX, ma ancora non ci troviamo sui valori tipici delle grandi correzioni.
Possiamo applicare tale considerazione, in misura ancor più evidente, alla dinamica dei credit spreads, che evidenziano come le condizioni di accesso al credito negli Stati Uniti siano ancora molto favorevoli.
L’osservazione del mercato del credito è di particolare importanza per le seguenti ragioni: tradizionalmente le correzioni dei mercati azionari vengono anticipate da movimenti piuttosto direzionali del mercato del credito. In questo senso, è vero che il comparto obbligazionario sta vivendo una fase di flessione ma questa origina dalla dinamica dei tassi d’interesse e non da un rinnovato sentiment di avversione al rischio (c.d. flight to quality) da parte degli investitori. Si tratta infatti di un movimento che sta coinvolgendo tanto i titoli di stato quanto quelli corporate. Diversamente, nelle fasi di forte avversione al rischio ci attenderemmo una “fuga all’acquisto” di titoli di stato, US Treasuries e/o Bund, cosa che al momento non si osserva.
Venendo alle conclusioni, la correzione attuale potrebbe non aver ancora riservato il suo peggio in ragione del fatto che i livelli di volatilità restano ancora nella norma e che il mercato del credito non evidenzia, per ora, alcun segnale di deterioramento. Dovessimo osservare peggioramenti sotto questo fronte, il quadro però potrebbe peggiorare significativamente. Come sempre, l’evidenza di quanto sotto i nostri i occhi deve orientare le nostre scelte d’investimento. Oggi il mercato è in pieno risk-off: nelle prossime settimane avremo sicuramente più elementi per assumere ulteriori decisioni, in un senso o in un altro.
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Questo documento assume natura educativa e non può essere considerato attività di consulenza finanziaria indipendente. L’autore o DLD Capital SCF S.r.l. non sono responsabili delle decisioni che potrebbero essere adottate a seguito della lettura di questo testo. Prima di assumere scelte d’investimento, suggeriamo di rivolgersi ad un consulente finanziario iscritto all’Organismo di vigilanza e tenuta dell’albo unico dei consulenti finanziari (www.organismocf.it).
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Indici in correzione: chi manca all’appello
Nel quadro del report pubblicato la settimana scorsa avevamo indicato un’ipotesi di drawdown medio per l’S&P500 nell’intorno ad un 10%-12%. Dopo una settimana particolarmente negativa sui mercati azionari, possiamo osservare sui principali indici azionari globali la rottura al ribasso della media mobile a 200 giorni, un riferimento ancora oggi comunemente utilizzato da analisti e trader come linea di demarcazione tra un mercato rialzista ed un ribassista. Tale flessione si è osservata anche sul principale indici americano, con la proiezione del prossimo supporto, in linea con il drawdown ipotizzato, nel range compreso tra i 4.250 e i 4.200 punti: un livello sul quale tanti, se non tutti, si attendono una tenuta dei prezzi.
Al di là delle previsioni, che valgono quello che valgono, l’indebolimento dei fondamentali del mercato è molto evidente. Nel grafico sottostante osserviamo la differenza tra i titoli quotati all’NYSE che hanno registrato nuovi massimi e quelli che hanno registrato nuovi minimi (New Highs – New Lows): si tratta di un c.d. breadth indicator, ossia una delle diverse misure possibili per misurare la forza del mercato nei suoi componenti. Il minimo recente evidenzia estrema debolezza, con la seria possibilità che il quadro possa deteriorarsi ulteriormente.
Se esiste un nome alla flessione di questa settimana si chiama Nasdaq, con il settore tecnologico che di gran lunga sta pesando sulla dinamica degli indici azionari. Come osserviamo nel grafico sottostante, la percentuale di titoli dell’indice tecnologico americano che scambiano sopra la media mobile a 200 giorni è pari al 40%: il livello minimo registrato dai tempi della flessione di Marzo 2020.
Ad essere colpite, in misura particolare sono alcune small cap del mondo tecnologico, come testimoniato anche dalla performance dell’ETF ARKK Innovation, che ha perso oltre il 50% dai massimi del Gennaio 2021.
In questo contesto, media ed osservatori continuano ad osservare come i titoli value abbiano da alcune settimane iniziato a sovraperformare i titoli growth. Tale osservazione raramente viene accompagnata dalla semplice constatazione che sovraperformance è certamente reale, ma tuttavia si sta verificando nel quadro di un mercato azionario in flessione.
Se infatti osserviamo il grafico sottostante, si nota come il nuovo minimo di forza relativa tra Value e Growth si è verificato in data 14 Novembre scorso. Da quella seduta in poi l’S&P500 ed il Dow Jones hanno registrato di fatto la medesima flessione, intorno al 6,3%. In parole povere: gli operatori stanno semplicemente riequilibrando la loro esposizione, ma nel quadro di un mercato in correzione. Aumentare la diversificazione è una delle poche scelte logiche e consentite ai gestori di fondi comuni in questa fase e, logicamente, è giusto farlo. Ciò tuttavia non significa, al pari di quanto già osservato nel 2021, che il “long” sul comparto Value sia il tema del 2022.
Alla luce di queste evidenze non possiamo ignorare che il quadro attuale sia di piena correzione e, di conseguenza, preoccupante. Logico quindi domandarsi cosa accadrà e quanto sia destinato a durare questo stato di cose. Sulla seconda domanda non esiste una risposta: i trend, tanto di costruzione quanto di correzione, non possono essere determinati o anche solo stimati nella loro durata. Diversamente, sulla prima domanda, per rispondere dobbiamo tener conto di due ulteriori variabili fondamentali ancor non considerate: la dinamica della volatilità e l’andamento dei credit spread.
Sul primo fronte, come osserviamo dal grafico sottostante, stiamo assistendo ad una rapida espansione della stessa, misurata attraverso l’indice VIX, ma ancora non ci troviamo sui valori tipici delle grandi correzioni.
Possiamo applicare tale considerazione, in misura ancor più evidente, alla dinamica dei credit spreads, che evidenziano come le condizioni di accesso al credito negli Stati Uniti siano ancora molto favorevoli.
L’osservazione del mercato del credito è di particolare importanza per le seguenti ragioni: tradizionalmente le correzioni dei mercati azionari vengono anticipate da movimenti piuttosto direzionali del mercato del credito. In questo senso, è vero che il comparto obbligazionario sta vivendo una fase di flessione ma questa origina dalla dinamica dei tassi d’interesse e non da un rinnovato sentiment di avversione al rischio (c.d. flight to quality) da parte degli investitori. Si tratta infatti di un movimento che sta coinvolgendo tanto i titoli di stato quanto quelli corporate. Diversamente, nelle fasi di forte avversione al rischio ci attenderemmo una “fuga all’acquisto” di titoli di stato, US Treasuries e/o Bund, cosa che al momento non si osserva.
Venendo alle conclusioni, la correzione attuale potrebbe non aver ancora riservato il suo peggio in ragione del fatto che i livelli di volatilità restano ancora nella norma e che il mercato del credito non evidenzia, per ora, alcun segnale di deterioramento. Dovessimo osservare peggioramenti sotto questo fronte, il quadro però potrebbe peggiorare significativamente. Come sempre, l’evidenza di quanto sotto i nostri i occhi deve orientare le nostre scelte d’investimento. Oggi il mercato è in pieno risk-off: nelle prossime settimane avremo sicuramente più elementi per assumere ulteriori decisioni, in un senso o in un altro.
Disclaimer:
Questo documento assume natura educativa e non può essere considerato attività di consulenza finanziaria indipendente. L’autore o DLD Capital SCF S.r.l. non sono responsabili delle decisioni che potrebbero essere adottate a seguito della lettura di questo testo. Prima di assumere scelte d’investimento, suggeriamo di rivolgersi ad un consulente finanziario iscritto all’Organismo di vigilanza e tenuta dell’albo unico dei consulenti finanziari (www.organismocf.it).