Nel quadro delle precedenti newsletter settimanali abbiamo già osservato come, storicamente, a scelte politica monetaria restrittiva (leggasi: rialzo dei tassi) non si associno necessariamente fasi di correzione sui mercati azionari e sull’S&P500 in particolare. La verifica empirica è di particolare utilità, soprattutto alla luce di una settimana che ha visto l’indice americano chiudere in positivo, dopo aver toccato un minimo in area 4.220, andando a registrare una correzione dai massimi di Novembre scorso intorno al 12,5%.
L’ovvio interrogativo è quindi chiedersi se tale fase di correzione dei prezzi si sia esaurita o sia invece presto destinata a estendersi. Il confronto, anche solo grafico, tra la correzione e quella di Febbraio – Marzo 2020 non ci aiuta.
(S&P500: Gennaio 2021 – Gennaio 2022)(S&P500: Gennaio 2019 – Gennaio 2020)
In entrambi i casi la rottura dei supporti dinamici rappresentati dalle medie mobili è stato molto violento e, parimenti, in entrambe le circostanze i prezzi hanno trovato degli acquirenti intorno alla media mobile a 200 giorni sul grafico giornaliero. Nel caso della correzione del 2020 abbiamo assistito ad un estensione della flessione per un ulteriore 25%: osserveremo la medesima dinamica anche in questa circostanza? Come sempre, contestualizzare maggiormente l’ambiente economico in cui si verificano alcuni eventi può aiutarci a considerare diversi scenari potenziali.
Nella giornata di Venerdì scorso leggevo una delle ultime ricerche messe a disposizione da LPL Financial, ottima investment house indipendente americana che analizza sempre con grande attenzione le ricorrenze storiche che riguardano gli indici americani e l’S&P500 in particolare. In particolare l’analisi che parte dal 1970 evidenzia come per tutti i cicli di politica monetaria restrittiva si siano osservati anni positivi ed anni negativi sul il principale indice americano. Parimenti, il report evidenzia come gli anni negativi siano quelli a cui è corrisposta un recessione, mentre, al contrario, a quelli positivi corrispondeva un economia americana in espansione.
Fonte: LPL Research, Bloomberg
Il dato conferma quanto avevamo già verificato nelle settimane precedenti, aggiungendo tuttavia il dettaglio non trascurabile della posizione del ciclo economico americano. In parole poverissime: in presenza di un economia USA in espansione l’aumento dei tassi d’interesse non implica una probabilità significativa di un anno negativo sul principale indice azionario americano.
Partendo da questo spunto di ricerca esterna, ritengo sia interessante porsi due interrogativi: in quale fase del ciclo economico ci troviamo e, secondariamente, quale è stato il massimo drawdown dell’indice negli anni in cui l’S&P stesso ha chiuso in positivo?
Alla primo interrogativo è semplice rispondere: ci troviamo in una delle fasi di più sostenuta crescita economica degli ultimi 40 anni, indipendentemente dal fatto che questa sia il risultato di incredibili impegni sul piano fiscale e monetario da parte di tutte le banche centrali e i governi a livello globale.
Sul secondo punto la verifica del drawdown massimo osservato ci restituisce risultati interessanti.
Fonte: DLD Capital SCF
In particolare, possiamo osservare come la media degli anni presi in considerazione si attesti intorno al 12,6%, con un correzione minimi pari al 5,2% nel 1972 ed uno massimo del 33,2% nel 1987. Visto da questa prospettiva la correzione sperimentata in questo inizio di 2022 assume un altro significato: certamente non possiamo escludere che questa possa estendersi ma il valore medio storico si attesta appunto intorno a quanto attualmente già sperimentato.
Se inoltre consideriamo come la maggior parte delle banche d’affari stimi tra i 5 e i 7 rialzi per quest’anno, come da rilevazione sottostante di Bloomberg, è lecito domandarsi se i mercati non abbiano già scontato nei prezzi attuali le previsioni in termini di rialzi previsti dalla Fed per il 2022.
Fonte: Bloomberg
A sostenere l’ipotesi di un mercato che potrebbe presto ritrovare slancio c’è anche un altro elemento, che non bisogna mai tralasciare nella dinamica di una correzione: il mercato del credito. I credit spreads continuano ad essere molto contenuti, a conferma di come gli operatori scontino uno scenario di tassi in rialzo ma un Fed sempre vigile e potenzialmente “interventista” qualora fosse necessario. Questo lascia spazio a sorprese “in positivo”, qualora la Fed stessa si mostrasse più accomodante di quanto finora scontato nei prezzi: difficile ma non impossibile.
In questo senso se osserviamo la dinamica della forza relativa tra i Treasuries e il comparto corporate il quadro appara significativamente diverso rispetto al 2020: nello specifico, durante la correzione del Febbraio – Marzo 2020 la sovraperformance dei titoli di stato fu particolarmente pronunciata, mentre oggi non osserviamo una simile dinamica.
IShares 20+ Year Treasury Bond ETF vs Ishares Core US Aggregate Bond ETF (2019 – 2022)
In conclusione, allo stato attuale i mercati sembrano aver scontato almeno lo scenario base in termini di futuri rialzi ed un quadro macroeconomico ancora costruttivo favorisce l’ipotesi che, allo stato attuale, gli indici azionari possano trovare una prima forma di consolidamento in questa area dei prezzi.
Disclaimer:
Questo documento assume natura educativa e non può essere considerato attività di consulenza finanziaria indipendente. L’autore o DLD Capital SCF S.r.l. non sono responsabili delle decisioni che potrebbero essere intraprese a seguito della lettura di questo articolo. Prima di assumere scelte d’investimento, suggeriamo di rivolgersi ad un consulente finanziario iscritto all’Organismo di vigilanza e tenuta dell’albo unico dei consulenti finanziari (www.organismocf.it).
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Quanti rialzi ha scontato il mercato?
Nel quadro delle precedenti newsletter settimanali abbiamo già osservato come, storicamente, a scelte politica monetaria restrittiva (leggasi: rialzo dei tassi) non si associno necessariamente fasi di correzione sui mercati azionari e sull’S&P500 in particolare. La verifica empirica è di particolare utilità, soprattutto alla luce di una settimana che ha visto l’indice americano chiudere in positivo, dopo aver toccato un minimo in area 4.220, andando a registrare una correzione dai massimi di Novembre scorso intorno al 12,5%.
L’ovvio interrogativo è quindi chiedersi se tale fase di correzione dei prezzi si sia esaurita o sia invece presto destinata a estendersi. Il confronto, anche solo grafico, tra la correzione e quella di Febbraio – Marzo 2020 non ci aiuta.
In entrambi i casi la rottura dei supporti dinamici rappresentati dalle medie mobili è stato molto violento e, parimenti, in entrambe le circostanze i prezzi hanno trovato degli acquirenti intorno alla media mobile a 200 giorni sul grafico giornaliero. Nel caso della correzione del 2020 abbiamo assistito ad un estensione della flessione per un ulteriore 25%: osserveremo la medesima dinamica anche in questa circostanza? Come sempre, contestualizzare maggiormente l’ambiente economico in cui si verificano alcuni eventi può aiutarci a considerare diversi scenari potenziali.
Nella giornata di Venerdì scorso leggevo una delle ultime ricerche messe a disposizione da LPL Financial, ottima investment house indipendente americana che analizza sempre con grande attenzione le ricorrenze storiche che riguardano gli indici americani e l’S&P500 in particolare. In particolare l’analisi che parte dal 1970 evidenzia come per tutti i cicli di politica monetaria restrittiva si siano osservati anni positivi ed anni negativi sul il principale indice americano. Parimenti, il report evidenzia come gli anni negativi siano quelli a cui è corrisposta un recessione, mentre, al contrario, a quelli positivi corrispondeva un economia americana in espansione.
Fonte: LPL Research, Bloomberg
Il dato conferma quanto avevamo già verificato nelle settimane precedenti, aggiungendo tuttavia il dettaglio non trascurabile della posizione del ciclo economico americano. In parole poverissime: in presenza di un economia USA in espansione l’aumento dei tassi d’interesse non implica una probabilità significativa di un anno negativo sul principale indice azionario americano.
Partendo da questo spunto di ricerca esterna, ritengo sia interessante porsi due interrogativi: in quale fase del ciclo economico ci troviamo e, secondariamente, quale è stato il massimo drawdown dell’indice negli anni in cui l’S&P stesso ha chiuso in positivo?
Alla primo interrogativo è semplice rispondere: ci troviamo in una delle fasi di più sostenuta crescita economica degli ultimi 40 anni, indipendentemente dal fatto che questa sia il risultato di incredibili impegni sul piano fiscale e monetario da parte di tutte le banche centrali e i governi a livello globale.
Sul secondo punto la verifica del drawdown massimo osservato ci restituisce risultati interessanti.
In particolare, possiamo osservare come la media degli anni presi in considerazione si attesti intorno al 12,6%, con un correzione minimi pari al 5,2% nel 1972 ed uno massimo del 33,2% nel 1987. Visto da questa prospettiva la correzione sperimentata in questo inizio di 2022 assume un altro significato: certamente non possiamo escludere che questa possa estendersi ma il valore medio storico si attesta appunto intorno a quanto attualmente già sperimentato.
Se inoltre consideriamo come la maggior parte delle banche d’affari stimi tra i 5 e i 7 rialzi per quest’anno, come da rilevazione sottostante di Bloomberg, è lecito domandarsi se i mercati non abbiano già scontato nei prezzi attuali le previsioni in termini di rialzi previsti dalla Fed per il 2022.
Fonte: Bloomberg
A sostenere l’ipotesi di un mercato che potrebbe presto ritrovare slancio c’è anche un altro elemento, che non bisogna mai tralasciare nella dinamica di una correzione: il mercato del credito. I credit spreads continuano ad essere molto contenuti, a conferma di come gli operatori scontino uno scenario di tassi in rialzo ma un Fed sempre vigile e potenzialmente “interventista” qualora fosse necessario. Questo lascia spazio a sorprese “in positivo”, qualora la Fed stessa si mostrasse più accomodante di quanto finora scontato nei prezzi: difficile ma non impossibile.
In questo senso se osserviamo la dinamica della forza relativa tra i Treasuries e il comparto corporate il quadro appara significativamente diverso rispetto al 2020: nello specifico, durante la correzione del Febbraio – Marzo 2020 la sovraperformance dei titoli di stato fu particolarmente pronunciata, mentre oggi non osserviamo una simile dinamica.
In conclusione, allo stato attuale i mercati sembrano aver scontato almeno lo scenario base in termini di futuri rialzi ed un quadro macroeconomico ancora costruttivo favorisce l’ipotesi che, allo stato attuale, gli indici azionari possano trovare una prima forma di consolidamento in questa area dei prezzi.
Disclaimer:
Questo documento assume natura educativa e non può essere considerato attività di consulenza finanziaria indipendente. L’autore o DLD Capital SCF S.r.l. non sono responsabili delle decisioni che potrebbero essere intraprese a seguito della lettura di questo articolo. Prima di assumere scelte d’investimento, suggeriamo di rivolgersi ad un consulente finanziario iscritto all’Organismo di vigilanza e tenuta dell’albo unico dei consulenti finanziari (www.organismocf.it).